martedì 18 agosto 2009

Scapigliatura: un "pandemonio" per cambiare l'arte


Il Palazzo Reale di Milano ospita 250 opere, tra dipinti, sculture, grafiche e incisioni per celebrare il movimento che, dalla seconda metà dell’Ottocento fino ad inizio Novecento, seppe coinvolgere tutte le arti in un rinnovamento e traghettò la società italiana verso un cambiamento ideologico e di costume.
Per tutta la durata della mostra, Milano diventerà un palcoscenico aperto a esecuzioni musicali, liriche, letture di testi, pièce teatrali, proiezioni cinematografiche. Saranno anche ricostruiti alcuni itinerari mirati ai luoghi canonici, urbani, della ‘vita’ scapigliata, come le osterie, i caffè e gli atelier, come quello di Eugenio Pellini di via privata Siracusa 6.
Il percorso espositivo della mostra organizzata dalla eminente curatrice Annie-Paule Quinsac, è organizzato per sezioni cronologiche, partendo dagli Anni '60 con opere di Filippo Carcano e Federico Faruffini (rinnovatori del linguaggio pittorico attraverso lo sguardo intimistico del primo e l'intensità coloristica del secondo), proseguendo con gli Anni '70 caratterizzati dal sodalizio pittorico di tre grandi maestri Ranzoni, Cremona e Grandi i quali elaborarono la ‘macchia’ scapigliata e la scultura pittorica in cui la forma è colore carpito alle zone d’ombra, suggerendo, e non descrivendo, il reale; l'esposizione procede poi con le opere degli Anni '80 e alla cosidetta "scultura impressionista" in cui vengono mostrati i lavori di Giuseppe Grandi, del quale per la prima volta verranno presentati i gessi - restaurati per l’occasione - del monumento alle Cinque Giornate, di Ernesto Bazzaro, del giovane Paolo Troubetzkoy, allievo di Ranzoni, del primo Leonardo Bistolfi e di Medardo Rosso.
L'ultima area espositiva sarà dedicata agli Anni '90, le cui opere ci suggeriscono l'imminente passaggio dalla visione scapigliata al Divisionismo che giungerà negli anni a seguire nella scena artistica nazionale.
fino al 22 novembre
lunedì 14.30 – 19.30
da martedì a domenica 9.30-19.30
giovedì 9.30 – 22.30


venerdì 5 giugno 2009

Davide Balliano: My Tears Will Be Light In The Night Of Your Eyes


L'esposizione My tears will be light in the night of your eyes è la prima personale di Davide Balliano negli spazi della galleria veneziana Jarach Gallery, il cui vernissage si terrà questa sera 5 giugno alle 18.00.
La ricerca che compie il ventiseienne artista torinese muove da una spinta psicologica tesa ad indagare gli aspetti più cupi e nascosti dell'animo umano, rivelandone le fragili strutture e le contraddizioni attraverso l’uso asettico e minimale di diversi media ( installazione, performance, disegno, fotografia, video).
Balliano dopo aver ottenuto un diploma in grafica nel 2002 si trasferisce a Milano dove ottiene un secondo diploma in fotografia al c.f.p Riccardo Bauer e inizia a lavorare come artista, perfezionandosi a Fabrica, l’Artists Residence del Gruppo Benetton; attualmente è rappresentato in Italia dalla Jarach Gallery di Venezia che ospita stasera l'inaugurazione della sua prima personale italiana nonostante l'artista viva e lavori a New York.
fino al 31 luglio 2009
da martedì a sabato 10.30-14 e 15-19.30
per info: +39 0415221938

Yumi Karasumaru:Tokyo Stories


La Fabio Paris Art Gallery di Brescia ospita la seconda mostra personale mai dedicata all'eclettico artista giapponese Yumi Karasumaru, capace di raccontare il Giappone contemporaneo pur rimanendo fortemente legato al passato storico della sua nazione, che possiamo percepire attraverso lo sguardo dell'artista nel suo modo di descrivere queste storie di Tokyo, mettendo in scena le teenagers nipponiche che fissano ammicanti lo spettatore con la testa reclinata, una mano portata al viso, anche solo un accenno d’ingenuità lasciato trasparire dal volto magnetizza l’attenzione e fa rapidamente tornare alla mente la gestualità antica delle geisha anche se fisicamente queste ragazze sono proiettate all'immagine occidentale che tanto amano e cercano di imitare.
Sarebbe però forse più consono il parallelismo con le maiko - che nella scala gerarchica stanno sul gradino dell’apprendistato - vista la loro fama nell’immaginario comune occidentale: caratterizzate da pettinature e trucchi elaborati, pose rarefatte, sguardi languidi. Come le Macaon Girls di Karasumaru. Solo che quest’ultime hanno ben poco a che fare con riti e tradizioni del vecchio Giappone. Le modelle che posano per questi ritratti vengono immortalate per le strade di Shibuya, il quartiere più modaiolo di Tokyo, calderone di tendenze e nuovi look, passerella usata dalle ultime generazioni per mettersi in mostra quotidianamente.
Sono ragazzine proiettate nel mito occidentale, acconciate come bambole; hanno capigliature multicolor che ricordano le cotonature degli anni ‘60, il trucco è pesantissimo e gli occhi, se non sono ancora stati ritoccati dal chirurgo, sono sapientemente arrotondati a colpi di eyeliner. Sono le attrici di quelle Tokyo Stories che l’artista ama ascoltare durante le sue incursioni nel quartiere e che riporta nelle sue performance.
Il talento di Karasumaru si ritrova proprio nella capacità di narrare storie, persone e luoghi, tutti attualissimi, con la stessa pazienza e dedizione tipica dell’eredità pittorica giapponese (e non a caso la tecnica dell’Ukiyo-e amata da Hokusai e Hiroshige puntava a rappresentare allo stesso modo storie e personaggi legati alla quotidianità dei piccoli centri urbani, attrici e lottatori di sumo inclusi).
Il divario fra tradizione e innovazione appare come un’apertura incentivata dalla volontà di dialogo dell’artista, che permette di osservare, attraverso i suoi occhi, un campionario di vita che per noi occidentali rasenta il limite dell’incomprensibile. Ma che ci attira sempre e vorticosamente, proprio a causa di questa distanza spaziale e culturale, attraverso un mezzo e uno stile pittorico ormai superato, ma mai antico.
fino al 3 luglio 2009
da lunedì a sabato 15.00-19.00
per info: +39 0303756139

giovedì 4 giugno 2009

Joan Mitchell: la pittura dei Due Mondi

Il Palazzo Magnani di Reggio Emilia ospita la prima retrospettiva mai organizzata in Italia dedicata a Joan Mitchell, una delle pittrici americane più famose ed apprezzate del secolo scorso.
La mostra presenta 46 lavori, provenienti dai maggiori musei americani e francesi (come la National Gallery of Art di Washington e il Centre Pompidou) e da collezioni private francesi, oltre che ovviamente dalla Joan Mitchell Foundation di New York .
L’opera di Joan Mitchell può essere considerata un ponte tra la pittura americana e quella europea, grazie all'influenza artistica subita dalla pittrice nei sui soggiorni newyorkesi prima e parigini poi, che hanno reso la Mitchell creatrice di una pittura che rivisita le esperienze di Van Gogh e di Monet, e che riesce a trasmettere, attraverso colori squillanti, le emozioni provate di fronte alla natura (campi, giardini, alberi, fiori) e i sentimenti suscitati in lei da alcune vicende della sua vita.
A Joan Mitchell sono state dedicate, dopo la morte, alcune importanti retrospettive, come quelle al Musée des Beaux-Arts di Nantes e al Jeu de Paume di Parigi nel 1994, e al Whitney Museum of American Art di New York nel 2002. In Italia, l'opera di Joan Mitchell non viene presentata da cinquant'anni: la sua stagione espositiva in Italia è stata molto breve, e tutta circoscritta tra la fine degli anni Cinquanta (nel 1958 alla Biennale di Venezia, dove espose due opere nella sezione "Giovani artisti italiani e stranieri", al Festival dei Due Mondi di Spoleto nello stesso anno e nel 1959 le fu dedicata una mostra al Circolo degli Artisti di Torino) e i primi anni Sessanta ( nel 1960 la Galleria dell'Ariete di Milano che ospitò una mostra personale).
L’iniziativa reggiana è la seconda tappa di un percorso espositivo che, iniziato alla Kunsthalle di Emden (Germania), proseguirà dal 23 agosto al 31 ottobre 2009, al Musée des Impressionismes Giverny (Francia).
fino al 19 luglio 2009
da martedì a domenica, 10.00-13.00, 15.30-19.00
lunedì chiuso
per info: 0522.454437

martedì 2 giugno 2009

Vladimir Pajevic - Hortus animae


Il Centro Culturale Le Muse di Andria, in provincia di Bari, ospita una retrospettiva di 25 dipinti ad olio che rappresentano la produzione più recente dell'artista serbo Vladimir Pajevic ormai trapiantato a Roma da diversi anni.
Pajevic dipinge una natura che trionfa nei giardini abbandonati, una natura vitale e rigogliosa, ma allo stesso tempo misteriosa e solitaria, abbandonata dagli uomini, del quale si scorgono solo le tracce dell'antico passaggio, ma non e' la natura, seppure ritratta con perfezione botanica, che sembra davvero interessare a Pajevic: i suoi paesaggi non rimandano semplicemente a luoghi visti e ricordati, ma si propongono come metafore di una propria percezione del mondo, rappresentazione di uno spazio dove sogno, nostalgia e inquietudine possono finalmente manifestarsi e diventare visibili. Si può dire che i paesaggi di Pajevic sono spaesati, passando dalla dimensione fisica a quella metafisica.
Il nostro sguardo si rivolge alla memoria dell' ”inconscio collettivo”, che esprime una malinconia metafisica, un sentimento di solitudine, abbandono, il senso che bracca l’esistenza. Pajevic circoscrive quell’orizzonte, concentrandosi sul dettaglio e dipeingendo in modo ossessivo, quasi fotografico.
Il percorso tra le opere di Pajevic diventa un percorso nella nosra anima, che ci fa indagare nelle nostre sensazioni e ed emozioni indagando nell' "orto della nostra anima"
fino al 30 giugno 2009
tutti i giorni dalle 18.00-21.00
festivi dalle 10.30-13.00 e dalle 18.00-21.00
ingresso libero

Chagall, Kandinsky, Malevič: i Maestri dell'avanguardia russa.

La stupenda e suggestiva cornice di Villa Olmo a Como, ospita un'esposizione dedicata alle avanguardie storiche russe, presentate dai primi del Novecento agli inizi degli anni Trenta attraverso i capolavori di Marc Chagall, Vassily Kandinsky, Kazimir Malevic e Pavel Filonov.La mostra presenta 80 opere, tra oli, tempere e disegni, provenienti dalle maggiori collezioni pubbliche russe, come il museo nazionale di San Pietroburgo, i musei di Saratov, Tula e Ivanovo e da numerosi collezionisti privati.

Il percorso parte con le opere di Chagall del primo periodo russo, che esprimono il senso degli affetti e del suo stretto legame con la città natale di Vitebsk. Tra i capolavori Gli amanti in blu del 1914, L'Ebreo rosso del 1915 e Lo specchio, enigmatica opera ricca di spunti e suggestioni, sempre del 1915. Quindi si arriva al lavoro che Kandinsky realizza in circa dieci anni ispirato alla visione teorica pubblicata nel volume lo spirituale nell'arte del 1910, con straordinarie tele astratte come Composizione.Paesaggio del 1915 e Crepuscolo del 1917. Il cuore narrativo della mostra è rappresentato da 20 capolavori di Malevic che abbracciano l'intera parabola espressiva del maestro dalla fase postimpressionista all'esperienza cubofuturista con l'opera Mucca e violino del 1913 fino all'esperienza suprematista con il celebre Quadrato rosso del 1915, e al successivo ritorno alla figurazione.

Un particolare pregio della mostra è la presenza di quindici straordinari lavori di Pavel Filonov, maestro dell'arte analitica che per molti sarà una vera scoperta, artista ancora poco noto al grande pubblico italiano, ma di grandissima potenza espressiva e visionaria.

fino al 26 luglio 2009
martedì, mercoledì, giovedì 9.00-20.00
venerdì, sabato e domenica 9.00-22.00

lunedì chiuso